"… non parlare con un genitore significa avere ginocchia fragili, significa aver bisogno all'improvviso di sedersi un attimo. Non perché ti giri la testa, ma perché tifa male lo stomaco. Mio padre è sempre stato il mio mal di pancia. Per questo ho iniziato ad amarlo veramente solo dopo che sono riuscito a vomitare tutta la mia rabbia, il mio odio e il mio dolore, visto che molte di queste sensazioni portavano il suo nome."
Questo è un stralcio di un libro di Fabio Volo, "Il tempo che vorrei". Sono sicura che molti pensano che i suoi libri siano banali, i cosiddetti libri leggeri o che non sanno di niente, ma leggendo queste parole ho incontrato una parte di me…
Credo che quello del genitore sia il mestiere più difficile del mondo, tante volte si sente dire che basta l'amore per essere un bravo genitore, a mio parere pur essendo una componente fondamentale credo che da sola non sia sufficiente.
"…significa aver bisogno all'improvviso di sedersi un attimo. Non perché ti giri la testa, ma perché ti fa male lo stomaco…"
Purtroppo negli ultimi anni si è assistito ad un notevole aumento dei disturbi del comportamento alimentare e molte volte (attenzione non sto dicendo
tutte) le adolescenti entrano nel tunnel dell'anoressia perché autodistruggersi risulta l'unico modo per lanciare un messaggio ai loro genitori. La loro malattia non è che un sintomo di una sofferenza di tutta la famiglia: occorre allora riconsiderare le dinamiche comunicative e affettive intrafamiliari.
Penso che molti disturbi psicologici dipendano in qualche modo da un rapporto sbagliato, anzi no mi correggo, malvissuto da un soggetto, perché ogni essere umano è diverso, vive le emozioni e reagisce alle situazioni in modo diverso, proprio perché siamo UNICI.
Nei disturbi alimentari il cibo, o meglio dire il rapporto con il cibo si trasforma in un mezzo per comunicare un disagio interiore, molto spesso legato alle dinamiche familiari.
Attraverso l'astensione o l'abuso di cibo si manifesta una richiesta che non si riesce ad esprimere in alcun modo: una richiesta di contatto affettivo, di rassicurazione, di vicinanza, di protezione che per certe ragazze è di primaria importanza.
Purtroppo quello che però si ottiene è che percorrendo quel tunnel si finisce per nutrirsi solo di sensazioni di vulnerabilità, solitudine e difficoltà di relazione. Quando questi disturbi sono così legati e dipendono primariamente (non va dimenticato che quando ci sono disagi psicologici molto spesso risulta rischioso e sbagliato attribuirli ad un solo fattore scatenante) da una sofferenza(e non colpa) di tutto il sistema familiare è necessario, affinché ci sia una vera guarigione, cercare di modificare il mondo psicologico di ciascun membro della famiglia con conseguente ristrutturazione dei legami familiari.
Purtroppo questo non è sempre possibile ed è proprio per questo che ritengo necessario che il percorso di guarigione sia affiancato e supportato da un forte lavoro di analisi seguito da uno specialista.
Attualmente è molto forte la tendenza ad allontanare le ragazze e ragazzi con disturbi alimentari dalla propria famiglia, attraverso l'utilizzo di comunità terapeutiche che mio modesto avviso dovrebbero rappresentare l'ultima spiaggia dell'approccio terapeutico, ossia quando è proprio necessario.
Sono convinta che se il disagio è nato da situazioni ben presenti nella vita, per riuscire a superarlo, una persona non può "scappare" dal suo mondo, ma deve imparare ad accettarlo, a superare quelle barriere che ha incontrato e ricominciare a vivere cercando di modificare quei rapporti che hanno generato tanta sofferenza e solitudine!
Con questo rivolgo un appello a tutte quelle persone che soffrono di un disturbo alimentare, ma in generale a tutte quelle persone che vivono un disagio emotivo psicologico, di non mollare, di cercare di capire da cosa è stato suscitato e di mettersi in gioco in tutto e per tutto per stare bene, innanzitutto con sé stessi. In tutto questo credo che un lavoro di analisi su sè stessi possa essere di grande aiuto.
Concludo con una frase che molto tempo fa ho sentito da un noto psicoterapeuta di cui non ricordo il nome: "Il lavoro di analisi su me stessa è stato il più grande regalo che potessi farmi in tutta la mia vita!".